Mi amo

L’immagine raffigura una testa stilizzata di una diavola con tratti marcati e colori accesi. Il volto è rosso con due grandi occhi bianchi contornati da ciglia nere e spesse, che gli conferiscono un aspetto espressivo e ipnotico. La bocca è aperta, mostrando denti appuntiti che evocano un sorriso beffardo.
Le corna, lunghe e segmentate, alternano strisce rosa e gialle. Il contorno è tracciato con una linea nera spessa e irregolare, dando all’immagine un aspetto raw e volutamente imperfetto.
Accanto al volto, in basso a destra, compare la scritta “MI AMO” in caratteri neri e irregolari, accompagnata dal simbolo della femminilità (♀) composto dalla testa insieme alla collana. Lo sfondo è di un arancione pieno e uniforme, che esalta il contrasto con i colori del soggetto.
Questa immagine è un’ode all’autodeterminazione e all’amore per se stessə, ma lo fa con un’estetica sovversiva. L’espressione del volto non è dolce né rassicurante: è spiazzante, eccessiva, quasi disturbante. L’amore di cui si parla qui non è quello pacificato e mainstream dell’autocura patinata, ma un atto di resistenza, di auto-affermazione.
La creatura sembra appartenere a un mondo altro, a un immaginario mitologico queer e femminista che rifiuta la docilità imposta ai corpi marginalizzati. La presenza del simbolo femminile accanto alla frase “MI AMO” suggella l’idea che amare se stessə, specialmente come soggetto non conforme, è un atto politico.
Le corna, i denti affilati e gli occhi surreali trasformano il volto in una maschera che richiama il grottesco e il demoniaco. Ma qui il mostruoso non è una condanna, bensì una rivendicazione: l’autonomia, il piacere, la libertà espressiva vengono portati all’eccesso, proprio perché troppo spesso negati. È un’immagine che non cerca il consenso, non chiede permesso, non vuole essere “carina”. È uno statement visivo potente e necessario.